Finalista al Premio Strega e vincitrice del Premio Campiello 2021 con il suo ultimo romanzo, L’acqua del lago non è mai dolce (Bompiani), Giulia Caminito terrà la nuova edizione del laboratorio online Ritratto di famiglia, rivolto a tutti coloro che vogliono scrivere una storia attingendo alle proprie memorie personali, a diari, foto o filmati di famiglia, per comprendere i processi e le tecniche attraverso cui è possibile trasformare i ricordi in narrazione.
Giulia Caminito ha risposto a tre domande per BellevilleNEWS.
1. Le storie famigliari comportano un lavoro di ricerca e selezione tra vari tipi di fonti (diari, cronache, fotografie, filmati). Come si stabilisce che cosa tenere e che cosa escludere dalla storia?
Credo che ognuno si rapporti ai materiali in maniera diversa. C’è chi ha bisogno di consultarne moltissimi per avvicinarsi alla verosimiglianza, chi invece decide a monte alcune fonti e segue quelle, chi usa solo le fonti dirette intervistandole e chi invece ha bisogno della distanza dei documenti famigliari per ricostruire. Durante la scrittura penso che alcune cose tra quelle studiate e raccolte poi ci parleranno più delle altre e sarà bene seguirle, non pretendere di mettere tutto nel romanzo, ma ciò che ci appassiona, ciò che ci sembra caratterizzare la storia, renderla viva.
2. Molte persone che vogliono scrivere una storia autobiografica sono frenate dal timore che i loro famigliari, amici, amanti ecc. possano riconoscersi nei personaggi. Come si inventa un personaggio attingendo alle persone reali?
I calchi si possono fare sia con personaggi storici che con persone viventi o vissute accanto a noi. Un primo criterio per evitare queste sovrapposizioni è cambiare i nomi e le caratteristiche fisiche, quindi mescolare fantasia e realtà al punto da arrivare a definire dei veri e propri personaggi. Per chi ha questi timori consiglio di partire dalle storia di famiglia di chi non c’è più, piuttosto che dalle storie vicine e dei viventi. Bisogna essere consapevoli quando si scrive di persone in vita che anche se noi cercheremo di camuffarle, di nasconderle tra le pagine, loro sapranno ritrovarsi o magari si ritroveranno dove noi non volevamo collocarle. L’autobiografia ha questo rischio e deve essere tenuto in considerazione quando si parla della propria famiglia, soprattutto perché i libri attenuati dalle paure, monchi e che non arrivano al fondo di ciò che narrano, spesso risultano deboli e sbilenchi. Meglio scegliere dall’inizio come si vuole evitare o abbracciare tutto questo.
3. Spesso la narrativa autobiografica presta più attenzione alla psicologia dei personaggi che all’intreccio (o meglio, quest’ultimo è considerato al servizio della prima). Cosa ne pensi?
Credo che quando si parla di romanzo famigliare i personaggi su pagina siano come una costellazione e che siano i legami e le personalità a dover essere ben delineati. L’intreccio però non è detto che debba essere sacrificato, ognuno di noi può sperimentare, scegliere un paio di personaggi principali nella famiglia da approfondire e poi disporre in maniera complessa gli eventi per creare una trama più stratificata. Non credo che una cosa escluda l’altra, anzi, può essere una bella sfida rimescolare le carte del romanzo autobiografico o famigliare per renderlo narrativamente più ardito. Lo stesso vale per il romanzo storico che non penso debba seguire per forza certi criteri, siamo infatti in una fase della letteratura in cui i generi si sono ibridati e sovrapposti e trovare il proprio dosaggio tra trama e psicologia può essere caratterizzante e inusuale, forte dal punto di vista della riconoscibilità.
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