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Dino Buzzati
>> Sessanta racconti
Mondadori
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Il profilo è quello del Duomo di Milano, ma impietrato e decontestualizzato, in un’astrazione di sasso. Tutt’intorno, anziché il brulicare della borghesia meneghina, pascoli e contadini. Basterebbe il quadro dello stesso Buzzati, che figura sulla copertina della raccolta “Sessanta racconti”, uscita per Mondadori nel 1958 a dar conto dell’aria che spira attraverso queste storie. La maggior parte di esse già edite (36 su 60 da I sette messaggeri, Paura alla Scala e Il crollo della Baliverna), trovano in questa raccolta raccordo e compattezza, dando conto in modo lampante della poetica e delle ossessioni dell’autore: lo strano e il fantastico, che non entrano in conflitto con la realtà stravolgendola al modo dei surrealisti, ma la inchiodano in un’attesa che, pur nelle sue variazioni e iperboliche declinazioni, è a giudizio di chi scrive il tema centrale che innerva i sessanta quadri narrativi e la produzione buzzatiana tutta. L’angoscia e l’alienazione che ne derivano, e che già hanno trovato espressioni più radicali in altri grandi del ‘900 (Kafka e Gombrowicz su tutti), pervadono ogni racconto con un ritmo percussivo che scandisce un tempo infido e sospeso. Racconti scritti in epoche diverse dunque, non nati secondo un progetto organico, ma che si trovano in naturale simbiosi, nascendo tutti dalla stessa lingua media e piana, ma soprattutto dallo stesso orizzonte metafisico e dallo stesso segreto impenetrabile.
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