Nel 2010, ispirandosi al libro di Elmore Leonard 10 Rules for Writing (Dieci regole di scrittura, pubblicato da Weidenfeld & Nicholson), il Guardian chiese a una serie di autori, fra cui Margaret Atwood, Jonathan Franzen, Neil Gaiman, Joyce Carol Oates, di condividere i loro consigli di scrittura, ricavandone una lunga e interessante lista (che potete trovare qui e qui).
Per la rubrica Consigli di scrittura2, abbiamo chiesto a Giorgio Fontana, Antonella Lattanzi e Gaia Manzini, docenti delle classi Fondamenti del corso serale di scrittura Scrivere di notte, di commentare, certificare o confutare alcuni consigli tratti da quella lista.
> La seconda puntata di Consigli di scrittura2 sarà pubblicata sabato 12 febbraio, sempre su BellevilleNews.
Giorgio Fontana
Scrivi.
(Neil Gaiman)
Sembra il massimo dell’ovvietà, no? E invece Gaiman afferma, piuttosto recisamente, una verità faticosa da accettare nella pratica: non vi sono scorciatoie per apprendere a scrivere e le “buone idee” non sono sufficienti se non vengono incarnate e verificate nel testo. Occorre appunto scrivere, riscrivere e — aggiungo — sviluppare in fretta una seria capacità autocritica che ci obblighi a buttare quel che non va.
Certo leggere molto e bene è una parte altrettanto importante del percorso, ma non basta; né basta riflettere sui consigli dei grandi autori e delle grandi autrici: bisogna scrivere regolarmente, coscienziosamente. Il suggerimento di Gaiman è prezioso perché ci rispedisce alla realtà quotidiana del lavoro: una riga dietro l’altra, con un occhio alla struttura e uno alla lingua, alla ricerca costante della parola più precisa.
Antonella Lattanzi
Se ti ritrovi bloccato, non smettere di scrivere. Forse non sei ancora in grado di risolvere il problema, ma prendi distanza e scrivi qualcos’altro. Non smettere del tutto.
(Jeanette Winterson)
Alla domanda: “Quanto bisognerebbe scrivere al giorno?” Hemingway rispondeva: “La cosa migliore è smettere sempre quando si va avanti bene e si sa già cosa succederà dopo. Se fai così tutti i giorni mentre scrivi un romanzo, non resterai mai incagliato”. L’ho sempre ritenuto un ottimo consiglio. La scrittura è sempre seduzione: non dare mai al lettore tutto quello che puoi dargli, in modo che da un lato possa immaginare, riempire gli spazi bianchi che gli lasci, e dall’altro quando finisce il libro possa dirsi: “Ma no è già finito! Ne volevo ancora!”. La seduzione vale anche per chi scrive. Se scrivi tutto quello che hai da scrivere, il giorno dopo potresti ritrovarti davanti una pagina bianca che ti fa paura. Se invece vai a letto pensando a tutto quello che ancora vuoi scrivere, non vedrai l’ora di metterti a lavorare.
Gaia Manzini
Non cercare di prefigurarti un “lettore ideale” – può anche darsi che esista, ma lui o lei sta già leggendo qualcun altro.
(Joyce Carol Oates)
Cosa succede quando si ha in testa un lettore ideale? Succede che si scrive per compiacerlo sia da un punto di vista tematico che stilistico, e si perde così autenticità. Quando si inizia a scrivere una storia è importante assecondare un’urgenza: parlare di qualcosa cioè che ci muove profondamente. Senza seguire le tendenze della cronaca e del costume; tantomeno cercando un tema che sia per forza bizzarro o a effetto. Se si asseconda un’urgenza ci si muove necessariamente con intensità, e l’intensità a sua volta determina lo stile e dunque la voce che scegliamo per raccontare quella storia. Solo se la voce è immediata, e non artefatta, seduce il lettore, lo trascina tra le pagine favorendo l’immedesimazione. La letteratura parla di cosa vuol dire essere umani, nulla più di questo. Umani in tutte le nostre contraddizioni: un libro autentico ha dunque migliaia di lettori possibili, qualunque sia la storia che racconta.