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Il racconto vincitore della borsa di studio “Molto forte, incredibilmente lontano”

    Borsa MFIL

    Cosa è successo esattamente? di Chiara Bianchi è il racconto vincitore della borsa di studio per il corso “Molto forte, incredibilmente lontano”, che si svolgerà online dal 24 marzo.

    «Cosa è successo esattamente?» è la domanda che una voce al telefono, quella della centralinista del pronto soccorso, rivolge in tedesco alla protagonista del racconto: una domanda a cui lei, pur in preda all’agitazione, riesce a rispondere con una prontezza e correttezza forse fin qui mai sperimentate. Chiara Bianchi condensa così, in un piccolo episodio quasi quotidiano, il senso di inadeguatezza che chi approda in un paese straniero sperimenta di fronte all’urgenza di comunicare nella vita vera – lontano dai banchi e dai test della «scuola di lingua». Un’inadeguatezza che, a un tratto, si ribalta in un inatteso senso di appartenenza alla nuova lingua e alla nuova casa.


    Cosa è successo esattamente?

    Era stato un lungo inverno, gelido, grigio e senza dubbio il più difficile della sua vita. Il ghiaccio ricopriva persistente le strade e ogni cosa, ma la gente sembrava non accorgersene. Venti minuti a piedi, a passi lenti e incerti, cercando di non scivolare, verso la stazione dove un treno la conduceva alla scuola di lingua. Le anziane signore in bici le sfrecciavano accanto. Erano brave a tenere l’equilibrio, cosa che a lei riusciva davvero difficile.
    Lungo il tragitto, nella luce blu del mattino, incontrava sempre gli stessi fantasmi, un’occhiata sfuggente e un accenno di saluto, poi ognuno proseguiva.
    Aveva preso l’abitudine di ripetere tra sé i vocaboli che imparava: Haus, das Haus – meglio ricordare di metterci sempre l’articolo – der Baum, l’albero su cui aveva visto per la prima volta un picchio, der Bahnhof, la stazione – piccola e senza un posto dove ripararsi dalle intemperie – die Frau, la signora, der Mann, l’uomo. L’uomo con il cappello, quello che incontrava sempre all’angolo tra Kantstrasse e Stuttgarterstrasse: il lungo pastrano grigio scuro, le mani coperte da guanti di finta pelle, i pantaloni di fustagno scoloriti e le scarpe larghe che avevano percorso troppi chilometri, lo sguardo basso, il passo lento, un mazzo di fiori freschi tra le mani in direzione Friedhof, der Friedhof, il cimitero. L’uomo, non più giovane, con un fazzoletto accartocciato si asciugava gli occhi vitrei e il viso rigato dalle lacrime.
    L’osservava per pochi secondi, con discrezione. Poi tornava alle parole: das Dach, il tetto, der Bürgersteig, il marciapiede, die Straße, la strada, der Zug, il treno.
    Una mattina tardò all’appuntamento, al solito angolo l’uomo non c’era. Spirava un vento gelido, prese la strada verso il cimitero. Circondato da inferriate, vi era il prato costellato di piccole croci e qualche bella lapide marmorea. Regnava il silenzio e la pace. A qualche metro da lei, riconobbe l’uomo con il cappello, intento a occuparsi dei suoi fiori. Un corvo la distolse, posandosi a pochi passi da lei con sguardo incuriosito e indagatorio. Cosa ci faceva esattamente lì?

    La mattina seguente: die Blumen, i fiori, das Himmel, il cielo, die Sonne – il sole non si vedeva da diverse settimane, ormai – der Hut, il cappello, der Mann, l’uomo, der Mann mit dem Hut, l’uomo con il cappello era lì davanti a lei, al solito incrocio. Mentre attraversava deve essersi sentito osservato, ha girato distrattamente la testa. È bastato un secondo e l’ha visto scivolare. Steso sull’asfalto si lamentava. Lo raggiunse. Wie geht’s Ihnen? Come sta? Mentre il ghiaccio sotto la sua testa prendeva il colore del sangue.
    Gli strinse la mano spoglia dal solito guanto, era calda e ruvida e tremante. Gli disse di non muoversi, o almeno ci provò. Bleiben Sie da! Ok? Prese il telefono, la mano stretta alla sua, tutt’attorno nessuno ad aiutarli. Compose il numero d’emergenza e si preparò a spiegare alla voce dall’altro capo del telefono che aveva bisogno di un’ambulanza.
    Contatto visivo e un sorriso per nascondere la paura di dover affrontare una conversazione telefonica, temuta e necessaria.
    Si presentò alla voce gentile e calma che le chiese Cosa è successo esattamente? Was ist genau geschehen? E non fu facile spiegare che l’uomo mentre attraversava la strada era scivolato e aveva urtato la testa e perdeva sangue, molto sangue: Der alte Mann ist… kaputt auf der Strasse, haben Sie mir verstanden? Es gibt Blut am Kopf!
    Dove siete? Wo sind Sie? Erano al loro incrocio.
    I soccorsi sarebbero arrivati in un paio di minuti. Tornò all’uomo e iniziò a parlargli, le disse il suo nome, gli chiese il suo, Klaus, lei chiese scusa per il suo tedesco primitivo, le disse che era stata molto brava al telefono, mentre, nei momenti di silenzio, ripeteva con un fil di voce Ingrid, Ingrid, gli chiese se fosse sua moglie, le indicò il cimitero alle sue spalle, Bleiben Sie bei mir, rimanga con me, gli disse. Lui sorrise. Quando arrivarono i soccorsi le chiesero di allontanarsi. Le loro mani si separarono. Sull’asfalto rimase il mazzo di fiori per Ingrid. Lei lo raccolse e andò a cercarla. Non fu difficile, era l’unica tomba con fiori freschi e accanto, un guanto di finta pelle dimenticato lì. Klaus torna presto a farle visita, disse.
    Una donna, salutandola cordialmente, la invitò a raccontarle di Klaus e dell’incidente. Si accomodarono sulla panchina, di fronte a Ingrid, e le riferì, con parole sicure, cosa era successo esattamente.

    Redazione Belleville