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“Il Signor Spoletta” di Enrico Prevedello

    Il signor Spoletta, Predevello-Baj

    Disegni in cerca d’autore è il Premio letterario nato dalla collaborazione tra Collezione Ramo e Scuola di scrittura Belleville, legato all’omonima mostra che si terrà negli spazi della Scuola Belleville a Milano. Opere su carta di grandi artisti affiancate da racconti inediti: immagini e parole entrano in dialogo.

    Il Signor Spoletta di Enrico Prevedello è il racconto scelto per accompagnare l’opera di Enrico Baj, Senza titolo (Doppio Naso), 1975.

    Irina Zucca Alessandrelli, curatrice della mostra, sull’opera:

    «Il Doppio naso del 1975 di Enrico Baj si colloca in una serie di disegni che l’artista dedica a dame e personaggi maschili di pura invenzione, successivi agli studi per “I funerali dell’anarchico Pinelli” e contemporanei alla famosa serie dei generali ridicolizzati da marsine e medaglie derivate da materiali di scarto. L’artista parte da tele già realizzate con stoffe e passamanerie come modello per i disegni, invertendo il cliché del disegno come bozzetto. Nella rappresentazione dei volti, il naso è sempre oggetto di primaria curiosità e originale sperimentazione da parte dell’artista. Il banale cuneo in legno, un classico fermaporta, è la soluzione di elezione per rappresentare il naso in questa serie del 1975. Questo disegno con il naso di profilo sotto forma di doppie ali che si squadernano rappresenta quindi un unicum poi ripreso negli anni a venire nel volto di un militare.»

    IL SIGNOR SPOLETTA

    di Enrico Prevedello

    ispirato all’opera di Enrico Baj

    Tengo due granate in tasca, delicate come uova. Aspetto che passi il re, resto immobile che sembro una colonna. Sfilano macchine, sventolano bandierine con gli stemmi del reame. Aspetto da due ore, forse una. Appena passerà il re infilerò le dita negli anelli come uno sposo, e lo saluterò sventolando le mani.

    Se sto fermo non mi vedono. Se mi vedono non mi notano. Se mi notano non mi danno importanza, pensano che non serve perquisirmi.

    Sono un albero senza frutti, e quando mi chiedono chi mai sarei, mi invento un gusto. Ananas. Grappolo. Ripeto parole vuote finché campo, solitamente ad albicocca abboccano. Sorridono come fossi arancione, e io zitto, fermo, con le mani palpo le granate e aspetto. Poi se ne vanno. Aspetto il re. Il re non ha idea di chi io sia. Io neppure.

    A lavoro mi hanno detto che so fare il mio lavoro. In famiglia sembro triste ma non sanno che ho un futuro. Il futuro che mi aspetta scoppia scaglie di albicocca.

    Aspetto il re, ho qualcosa per lui tra le mani. I gendarmi attorno a me passano gli occhi rigidi sui capelli della folla, cercano di indizi di rivolta. All’attenti, in allarme, una telefonata anonima ha detto che oggi al re porteranno le uova. Hanno chiesto chi siete voi, ho risposto non lo sappiamo e ho messo giù la cornetta. Non ho sorriso perché sopra al telefono sta uno specchio, e mia moglie guardava il mio riflesso. Le ho detto che era uno scherzo telefonico a un collega senza senso dell’umorismo. Così lei è tornata a fare la crostata.

    La ricetta prevedeva due uova. Appena passa il re ci faccio una frittata.

    Scuola di scrittura Belleville